I sintomi e le manifestazioni dell’ansia possono essere molto diverse da persona a persona. Prima di tutto è fondamentale distinguere l’ansia di stato da quella di tratto. La prima equivale ad uno stato ansioso legato ad una particolare circostanza che l’hanno generato, mentre l’ansia di tratto è una tendenza ad affrontare tutti gli eventi di vita con un elevato grado di ansia.
L’ansia di stato può anche essere definita normale nelle situazioni in cui sono in ansia e né ho motivo. Ad esempio, l’ansia è una reazione normale ogni volta che devo affrontare una situazione nuova o nella quale devo mettere in campo le mie qualità, come fare un viaggio o parlare in pubblico. In questo caso ansia normale e patologica non differiscono nella qualità, ma nella quantità. Se non riesco ad uscire di casa, per l’ansia di affrontare un viaggio, è evidente che la quantità è eccessiva. In questo caso la risposta ansiosa è esagerata rispetto agli stimoli che l’hanno generata e se ne ha consapevolezza. L’ansia di tratto, invece, rappresenta la tendenza costante ad affrontare ogni situazione della vita in modo ansioso. L’ansia in questo caso si manifesta in maniera costante, non ha, apparentemente, una motivazione precisa e disturba il soggetto durante tutta la giornata. Dico apparentemente perché queste motivazioni di solito sono inconsce e possono emergere attraverso un percorso di psicoterapia che porta alla luce vissuti profondi, sui quale il soggetto diversamente non rifletterebbe.
La sensazione che accompagna l’umore ansioso è spesso la costrizione che a livello fisico si collocano nell’area del petto, per questo spesso un attacco d’ansia può essere scambiato per un problema cardiaco. Il soggetto può sentirsi irrequieto, irritabile, vulnerabile, intrappolato, senza fiato e sull’orlo di uno svenimento. Insieme ai sentimenti di paura generica possono essere presenti preoccupazioni per la propria salute e sentimenti di colpa.
L’ansia patologica generalizzata spesso interferisce con le normali attività lavorative e/o sociali del soggetto. Le preoccupazioni vissute possono riguardare il futuro, la situazione finanziaria, la salute o l’incolumità fisica dei famigliari.
Quando lo stato ansioso compare in maniera acuta ed è caratterizzato da una serie di sintomi neurovegetativi molto intensi (ad esempio, palpitazioni, sudorazione, nausea, ecc..) sconfina in un attacco di panico. Questi attacchi durano molto poco e possono essere improvvisi o legati a determinate situazioni (ad esempio, rimanere bloccati nel traffico, o in metropolitana, ecc..).
Spesso l’ansia è associata ad agorafobia, termine che letteralmente significa “paura della piazza” e si manifesta con la paura di andare in luoghi all’aperto, grandi e non familiari. Alcune persone, ad esempio, hanno il terrore di andare in luoghi pubblici affollati come centri commerciali o concerti e nei casi più estremi si può arrivare ad avere paura persino ad uscire di casa. Il timore profondo è quello di non riuscire a controllare la situazione e le uniche soluzioni possibili sono l’evitamento e la fuga. La propria abitazione viene vista come unico luogo protetto in cui sentirsi al sicuro.
Spesso la paura è associata ad un generico star male e, ad esempio, il soggetto si chiede: “se vado ad una festa e poi sto male? Chi mi può soccorrere? Chi si può prendere cura di me? Se perdo il controllo, che figura farei davanti agli altri?”. E’ come se il soggetto si sentisse esposto a continui pericoli con la sensazione di non avere risorse per poterli affrontare né persone che lo possano sostenere. Nei casi in cui si sente sicuro accanto a qualcuno, è, allora, che quella persona viene investita di responsabilità e di pesi faticosi da sostenere. Una mia paziente che soffriva di attacchi di panico, aveva riversato ogni senso di sicurezza sul marito al punto che, per ogni spostamento, doveva essere accompagnata da lui. Era diventata totalmente dipendente da lui creando così continue tensioni di coppia.
L’ansia può essere associata, anche, al terrore di rimanere bloccati in luoghi chiusi. Questa paura si chiama claustrofobia, termine che significa “luogo chiuso”. Spesso le persone, che ne soffrono, evitano gli spazi stretti come camerini, ascensori e metropolitane. La sensazione accompagnata è, spesso, l’assenza di libertà e la fame d’ossigeno. I soggetti che ne soffrono vivono un grande senso di solitudine, un vuoto insopportabile e un’insicurezza molto forte che, spesso sfocia in un attacco di panico. Quando un soggetto è in preda ad una crisi claustrofobica farà di tutto per uscire all’aperto e sentirsi libero di muoversi. Avevo una paziente che soffriva di attacchi d’ansia e che quando si recava nei cinema, ad esempio, sceglieva sempre posti vicino alla porta perché desiderava avere sempre una via d’uscita a portata di mano. Questi sintomi che razionalmente sembrano inspiegabili hanno una spiegazione simbolica, più profonda, inconscia e per questo nascosta.
Sulle origini di tali disturbi si può dire che le cause sono sempre da intendersi a livello multifattoriale. La famiglia e l’ambiente di crescita risultano importanti per i modelli educativi proposti, la relazione con i genitori e i disturbi degli stessi. Nella mia esperienza, infatti, è molto frequente che soggetti che soffrono d’ansia abbiano genitori ansiosi che non li hanno predispostoi a gestire efficacemente lo stress e gli eventi della vita. L’ambiente di crescita gioca un ruolo fondamentale anche se da solo non è sufficiente a causare il disturbo, infatti, è da annoverare anche la predisposizione genetica.
I soggetti con disturbi d’ansia di solito sono persone che non hanno avuto grandi sicurezze nel loro passato e per questo necessitano, attraverso un percorso psicologico, di poter ritrovare la fiducia in se stessi e nelle proprie risorse. Spesso faticano a parlare delle proprie emozioni, del proprio mondo interiore e vivono forti conflitti fra il dovere e i propri desideri. Tutti i vissuti profondi vengono convogliati nei sintomi e nelle paure. Attraverso una psicoterapia queste persone imparando a non vivere i proprie desideri e i propri sentimenti come pericolosi e non li scaricano più sul corpo o nei sintomi. Iniziano a vivere in sintonia con il proprio mondo emotivo, imparano che possono gestire la propria vita autonomamente e ritrovano se stessi.
Dott.ssa Alessandra Santangelo (psicologa e psicoterapeuta)
Bibliografia
Andreaoli V., Cassano G. B., Rossi R., 2000, Mini DSM-IV-TR, Criteri Diagnostici, Masson, Milano
Gabbard O.G., 2002, Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina Editore, Milano
Sims A., 1997, Introduzione alla psicopatologia descrittiva, Raffaello Cortina Editore, Milano